
Giuliana Giuliani una storia di specchi.
Testo di Federica Pasini
Il ritratto risponde a un bisogno profondo comune a tutti gli uomini. Rintracciare il grado zero delle opere di Giuliana Giuliani significa arrivare all’origine del ritratto, del quale si fa risalire l’origine ad una storia dell’Antichità. La figlia del vasaio Butade per ricordarsi dell’amato partente per la guerra ne disegna il profilo sul muro della sua stanza.
Vi è nel ritratto una frammentazione dell’Io che la nostra artista rintraccia trasformando volti celebri in miriade di altri “Sé”, una vera e propria frammentazione dell’essere.
Lei riesce a carpire quei 21 grammi, chiamati “Anima”, dalle immagini di personaggi famosi e che riusciamo quindi a percepire nel grado 0 della sua pittura.
L’artista rappresenta i suoi personaggi nel modo che gli è proprio, ma non mancano esempi singolari ai quali, invece, tutti vogliono essere l’espressione di un sentimento, di un’emozione.
Giuliana usa i suoi soggetti per esprimere concetti, condizioni, tematiche altre da essi, più intime…totalmente private.
La “pulsione ritrattistica” serve all’artista ad entrargli nell’Essere.
Il ritratto ha una precisa intenzione sociale, perché nessuno lascia traccia di Sé se non pensando a qualcuno che lo dovrà vedere, oggi e domani e Giuliana Giuliani ci elargisce la possibilità di entrare, ma soprattutto perdersi, nelle sue rappresentazioni assolutamente intimistiche e sensibilmente penetranti
Citando Wallon:
“…quale immagine extracettiva avrebbe l’essere umano di sé stesso se non quella offertagli da chi lo percepisce? Il ritratto nel momento in cui esiste può formarsi solo esteriorizzandosi.”
…possiamo allora essere grati alla nostra artista in quanto ci offre una possibilità simile: un’emozione nell’emozione, uno specchio dove rintracciarci in quanto troppo persi nella quotidianità.

